Seminatore al tramonto
Quando Vincent van Gogh decise di diventare pittore, piuttosto tardi perché aveva già trent’anni, pensava di dover comunicare le sue idee attraverso i quadri.
La miseria, i contadini, gli operai e il mondo del lavoro povero period la sua missione. Anche influenzato dai quadri di Jean-Francois Millet si affezionò a questi temi e nel van Gogh degli inizi possiamo scorrere i suoi disegni e i suoi quadri imbevuti di questa pena, colori scuri, un’atmosfera cupa e nessuna speranza possibile.
Ma la vita, da un lato così ingenerosa con Vincent, dall’altro lo ha ricompensato con uno slancio e una forza rara quanto preziosa.
Ed ecco questa vita muoversi in van Gogh, farsi largo, esigere altri colori e altri scopi e nel 1888 mettere il pittore davanti a uno dei temi preferiti e già svolti in passato: il seminatore.
Una festa di colori quasi elettrica. Il tramonto, che il 99 % dei pittori avrebbe riempito di colorini, sfumature rosé, controluce da cartolina a 20 centesimi (di oggi), in mano a van Gogh diventa l’impero del sole.
È vero, l’orizzonte già inizia a nasconderlo, ma un sole così vivo e potente non ha inizio e high-quality: esiste e basta. Questo sole è capace di dare vita e colore sia al grano, là in fondo, che al campo fino a noi. Quasi esce dal quadro.
E il passo del seminatore non è stanco, ma ha ancora energia da vendere. Il sole lo ricarica, è la sua forza. Il sole semina la sua forza vitale al mondo, compreso noi che gli siamo proprio di fronte.
La stessa forza impressionante che ha permesso a van Gogh di non soccombere alla pena, alla malattia, al suo destino oscuro e di dipingere in questo modo.
Davvero contro tutto e tutti, fatta eccezione per il fratello Theo.
Ma questo van Gogh ha il sole dalla sua parte.
Purtroppo, il suo quadro è terminato troppo presto.
Sia lui che noi avremmo preferito che il suo giorno durasse di più.
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